IL VALORE DEL TIROCINIO all’interno della nostra realtà

Dal dizionario etimologico della lingua italiana Zanichelli:
“Preparazione pratica necessaria per esercitare un mestiere o una professione, che si svolge sotto la guida di un esperto”. E’ un termine latino di origine militare: prima esperienza militare, recluta, principiante : è foggiato sul termine “tubicinum: suonatore di tromba, col significato di “sveglia delle reclute e quindi: iniziazione, apprendimento inesperienza.

Rappresenta il necessario punto di passaggio dalla fase dell’apprendimento teorico alla sua applicazione in ambito lavorativo e aiuta lo studente a conquistare capacità di osservazione, di analisi e di pianificazione dei progetti di intervento necessarie al mondo del lavoro sociale. Di fatto aiuta lo studente ad essere flessibile e ad adattarsi al valore della circolarità tra sapere e saper fare, che investe oggi il mondo del lavoro, compreso quello sociale, non più assoggettato a risposte con schemi rigidi, ma bisognoso di risposte sempre più orientate alla personalizzazione.
Gli studenti hanno l’occasione di “sporcarsi le mani” e di misurarsi sia con le loro competenze che con la loro effettiva motivazione; inoltre conoscono, tramite l’esperienza, alcuni ingranaggi della struttura dove insiste il tirocinio e il suo funzionamento.

Gli ambiti di apprendimento riguardano:
problem solving,
capacità di servizio sociale,
sapere entrare nelle pieghe delle relazioni con le persone accolte, con l’equipe, con i famigliari, e con i servizi esterni del territorio, ossia con la rete dei servizi con cui una comunità come la nostra deve necessariamente rapportarsi.

Se ne deduce facilmente che per far tutto questo al meglio, sarebbe necessario un tirocinio molto più lungo di quello che effettivamente viene svolto. Nonostante ciò posso affermare che i tirocinanti, dopo un periodo di attenta osservazione, vengono comunque calati nella realtà e sostenuti nello “sporcarsi le mani” in uno spazio operativo protetto dall’equipe degli operatori, dove è sempre possibile condividere con altri operatori eventuali difficoltà o incidenti di percorso che possono accadere nell’attuare il piano socio-riabilitativo-educativo personalizzato.
Riteniamo che questa dimensione comunitaria possa offrire ai vari tirocinanti una pluralità di informazioni assolutamente necessaria per poi poter operare con le persone con disabilità e con le loro famiglie nel loro futuro professionale.

Il flusso positivo è bidirezionale, infatti anche la struttura guadagna e si arricchisce con l’accoglienza dei tirocinanti.

Varie sono le convenzioni per ospitare i tirocini presso le nostre strutture:

– Università pubbliche in Italia, in particolare con il dipartimento di Filosofia Scienze Sociali Umane e della Formazione di Perugia;

– Asl Umbria 1 (corso O.S.S.);

– Agenzie formative private, in particolare con Istituto Enrico Fermi di Perugia (corso O.S.S.), Consorsio CO.HO Legacoop Umbria, ATHENA Formazione

Valore della figura del TIROCINANTE per le nostre strutture

  1. Rappresentano per le persone accolte quello che non possono essere gli operatori
  2. Sono la nostra finestra fissa sul mondo giovanile
  3. Sono persone che aiutano ad attuare progetti socio-riabilitativi personalizzati
  4. Rappresentano un alleggerimento per gli operatori
  5. Se ben coordinati influenzano in positivo l’ambiente
  6. Indirettamente aiutano nella prevenzione del burn out degli operatori
  7. Rappresentano la nostra telecamera nel senso cha facilitano la capacità di osservazione oggettiva

1.i tirocinanti rappresentano “la gente”, con quell’atteggiamento a volte inconsapevole e diretto che rappresenta per le persone accolte un banco di prova e di conoscenza del proprio livello di socializzazione.
Danno modo di sperimentare un rapporto relazionale orizzontale sano e protetto che rappresenta per le persone accolte un’esperienza che difficilmente possono fare all’esterno e che costituisce un allenamento per un futuro lavorativo o di integrazione sociale a più bassa protezione. E’ un rapporto di reciprocità anche se asimmetrico, ma di grande significato umano che lenisce la loro “solitudine” amicale. Le persone con disabilità assai spesso non hanno amici, tanto che noi operatori spesso rappresentiamo il loro solo mondo al difuori della loro famiglia, pertanto rischiamo di diventare assoluti e autoreferenziali; i tirocinanti mitigano questa condizione e rappresentano una forma di socialità possibile.

2. Grazie ai tirocinanti i nostri operatori si interfacciano con il mondo universitario con il quale dovremmo sicuramente avere un rapporto più strutturato, di ricerca e di innovazione. L’empatia, il rapporto affettivo, la vicinanza con la persona con disabilità sono elementi importantissimi che fanno la differenza nella relazione e nella loro disponibilità ad essere plasmabili. Qui ci sarebbe da aprire un ragionamento con le teorie sul “distacco” che hanno riempito i libri soprattutto di psichiatria: nella nuova teoria di riabilitazione, che da sempre la nostra comunità porta avanti, la riabilitazione è vista come accompagnamento al progetto di vita autonoma e “distaccata” dalla famiglia insieme all’educazione e alla socializzazione. In questa ottica l’educatore deve essere in grado di osservare, comprendere empaticamente e progettare il piano più efficace per far raggiungere la massima autonomia possibile; se non coesistono queste professionalità insieme l’intervento può risultare inefficace, nelle persone con disabilità mentale. A maggior ragione la socialità che rappresenta questo mondo giovanile acquista un’importanza per noi fondamentale; inoltre la finestra su questo mondo ci ha fatto capire come anche la gioventù subisce una sorta di emarginazione dal mondo ed è assolutamente necessaria un’alleanza cosi da combatterla insieme.

3. La presenza dei tirocinanti ci consente di attuare in maniera più dettagliata i progetti socio-riabilitativi-educativi che la comunità stila per ogni persona accolta tanto è vero che qualche volta sono stati capaci di apportare modalità operative che hanno accelerato il processo di apprendimento.

4. I tirocinanti aiutano e sostengono con la loro disponibilità il lavoro e l’impegno degli operatori alleggerendo la loro routine: grazie alla loro presenza, gli operatori si dedicano con più impegno a cose che magari hanno dovuto trascurare e svolgono con meno ansia il loro ruolo. Sicuramente il tirocinante consente agli operatori di svolgere in parte anche un ruolo teorico e di riflessione di cui l’operatore ha un’estrema necessità. Si deve porre delle domande, deve dare delle spiegazioni o delle risposte a ciò che chiedono i tirocinanti, occasioni queste che quando si lavora da tanto tempo sono difficili da creare, poiché si tende a dare delle cose per scontate.

5. L’ambiente è da sempre per noi un “operatore nascosto”. Il tutor interno ha il compito di far vivere il tirocinante in un ambiente ordinato e preordinato. I tirocinanti devono sapere che posto debbono occupare e cosa devono fare di massima con ogni persona. Creare un ambiente curativo dove anche il tirocinante ha la sua funzione che è quella di vitamina: gli operatori sono delle pillole riabilitative ed il tirocinante è una vitamina. Ecco perché, nonostante la famigliarità e la casalinghità, il tirocinante deve occupare un proprio spazio ordinato per evitare che l’ambiente anziché essere un nostro fedele alleato si trasformi in nemico.

6. Tutti noi siamo più o meno dipendenti dal clima sociale in cui viviamo: l’aria di leggerezza che accompagna spesso un tirocinio influisce sul clima sociale sia degli operatori che delle persone accolte. Importante anche l’aspetto sostituzionale che in alcune occasioni si può verificare perché il tirocinante per un po’ di tempo lavora con la persona con cui stava lavorando l’operatore, consentendo a questo di essere sollevato temporaneamente dal solito carico assistenziale. Inoltre si può aprire un canale comunicativo che può dare all’operatore una ulteriore gratificazione facendolo sentire utile al progetto di formazione del tirocinante: l’operatore ha la possibilità di avere un dialogo di confronto sul proprio sapere e di cogliere l’opportunità di imparare qualcosa di nuovo, ha la occasione di uscire dalla nicchia in cui spesso è confinato, un elemento -questo- di respiro che alimenta la motivazione e quindi riduce il rischio di burn-out.

7. Anche grazie alla presenza del tirocinante noi guadagniamo nel territorio una certa identità: il tirocinante è una sorta di telecamera aperta al territorio, attraverso cui il territorio entra nelle nostre realtà, vede, partecipa e, ci all’occorrenza, ci giudica. Grazie a loro rappresentiamo una finestra culturale nel mondo vista dagli occhi del più debole e del più fragile, anche grazie al tramite dei tirocinanti possiamo offrire una lettura originale del mondo, necessaria alla completezza dell’umanità.